Inaugurate oggi a Borbona, in occasione della Giornata Internazionale contro l’Omolesbobitransfobia, le panchine rosa, blu e arcobaleno alla presenza di diverse associazioni che operano sul territorio: il presidente Arcigay Rieti LGBT+ Domenico Di Cesare, la coordinatrice della Casa Rifugio Rosaria Lopez, della Coop San Martino Laura Pelle e il Prof. Franco Colangeli del Centro Sant’Eusanio.

Il progetto è stato portato avanti dalla Dott.ssa Tjuana Foffo, consigliere comunale delegato ai servizi sociali di Borbona, che ha così illustrato questo percorso che ha portato all’inaugurazione dell’Emiciclo della Tolleranza, il primo della Provincia di Rieti: “Quando abbiamo iniziato questo percorso con i ragazzi non sapevamo esattamente dove ci avrebbe portato, ma questo forse è l’inizio di ogni viaggio entusiasmante. Ho cercato, oltre a coordinare tutto quanto è ruotato attorno a questo evento eccezionale per il territorio provinciale, di dargli una forma, uno spazio di pensiero che andasse al di là del fare, in un’epoca storica in cui il fare è divenuta un’ideologia e la riflessività viene abortita, quasi fosse un cancro.”

Ha proseguito la Dott.ssa Foffo: “Riflettendo questo emiciclo, assieme ai ragazzi, riflettendo la simbologia dei colori, le frasi, il mio primo pensiero è andato al corpo: il corpo traslato in una dimensione psichica e fisica, nel superamento dell’ormai anacronistico dualismo cartesiano; ho voluto riflettere il Sé corporeo, incarnato e ho pensato al corpo martoriato, dalla malattia e dalla violenza, al corpo come prigione, nella diversa abilità, ma anche nelle sessualità. Al corpo luogo: unico e primario luogo. Ho pensato a quello spazio che abitiamo, che siamo costretti ad abitare e che così spesso è inadeguato alla nostra forma mentale e quindi ho riflettuto le parole dello scrittore latino Terenzio: Siamo umani, nulla di umano mi è estraneo.

Queste panchine esprimono una moltitudine di colori che imprimono gioia nelle nostre menti e nascondono quel dolore, COMUNE, del messaggio che vicariano e forse a questo serve il colore: a farci percepire la bellezza della sofferenza che ognuno di noi porta con sé e che lo ha reso ciò che è.

Infine, ha concluso dichiarando: “Questo, nel nostro immaginario, vuol essere uno spazio di riflessione su quanto ci accomuna e ci avvicina alla sofferenza dell’Altro, dunque alla sua natura intima e alla nostra; poiché la capacità riflessiva è tale, per definizione. La mente è relazionale: non può prescindere dall’Altro. L’Io nasce, in relazione e può crescere solo in relazione, nel confronto continuo, l’incontro, lo scambio: questo genera l’evoluzione, che si tratti del singolo o di un’intera popolazione, l’apertura alla diversità ne è il segno”.